scritto da 29 Novembre 2015 in Eventi e manifestazioni
ilCome in testo classico, la prima e l’ultima scena, quasi identiche, aprono e chiudono la sequela concitata dei brevi quadri che si susseguono nella tragicommedia Eigengrau della scrittrice inglese Penelope Skinner (1978), in cartellone al Teatro Filodrammatici di Milano fino al 6 dicembre. Divertente e amaro, a tratti idilliaco, a tratti brutale, il testo snocciola con estrema rapidità (anche di recitazione) una serie di flash tratti dalla vita di quattro trentenni, quattro nevrotici metropolitani, alla ricerca di una soluzione alla loro sostanziale incapacità di amare. Si tratta di due coppie di coinquilini, tutti sui trent’anni, dalle aspettative inconciliabili: Mark, un manager rampante e palestrato, divide l’appartamento con Tim, suo ex compagno di studi, un flaccido sedentario senza lavoro e senza ambizioni, che venera l’urna che contiene le ceneri della sua amata nonna. Rose, una squinternata romantica che affida le sue scelte di vita all’oroscopo, coabita invece con Cassie, femminista militante al limite del fanatismo. La vicenda che li coinvolge prende le mosse da una storia di letto fra Mark e Rose, storia che finisce per produrre uno “scambio di coppie”, in quanto Tim si innamora della ragazza, infelice hostess di un Karaoke bar e le fa sognare (ma come scelta di ripiego) il sogno dell’amore eterno, trasferendosi con lei fuori città in un paese sul mare, mentre il rude Mark s’invaghisce della femminista Cassie, senza però assumersi la responsabilità del figlio che la donna aspetta molto probabilmente da lui. Nel perfido gioco alterno di illusione e verità, in cui tutti cercano di ovviare alla loro solitudine, si rispecchiano ansie e aspettative di una generazione, in apparenza libera da costrizioni e pregiudizi, che però non trova una sua collocazione appagante né all’interno né al di fuori dei tradizionali schemi sociali. Nulla alla fine dissolve il “grigio di fondo” che dà il titolo al dramma.